O.Wilde, Preface to 'The Picture of Dorian Gray'

The artist is the creator of beautiful things. (...)
Those who find ugly meanings in beautiful things are corrupt without being charming. This is a fault.
Those who find beautiful meanings in beautiful things are the cultivated. For these there is hope.
They are the elect to whom beautiful things mean only Beauty.
There is no such thing as a moral or an immoral book. Books are well written, or badly written. That is all. (...)

No artist is ever morbid. The artist can express everything. (...)
All art is at once surface and symbol. Those who go beneath the surface do so at their peril.
Those who read the symbol do so at their peril.
It is the spectator, and not life, that art really mirrors.
Diversity of opinion about a work of art shows that the work is new, complex, and vital.
When critics disagree the artist is in accord with himself...


O. Wilde (1854-1900),
Preface to 'The Picture of Dorian Gray'


Sunday, July 24, 2011

Padre Luigi Maria Monti, Bovisio M.go, 4

I suoi anni a Bovisio


4.

In questo periodo Luigi iniziò a frequentare più assiduamente le persone consacrate perché, sebbene dotato già di una personalità forte e spiccata, sentiva comunque il bisogno di un appoggio sicuro.  E  presto si rese altresí conto che se voleva incamminarsi verso la perfezione doveva trovare un padre spirituale che gli facesse da guida stabile e fidata. 
Qualche mese dopo aver conosciuto personalmente padre Taglioretti si verificò il secondo evento decisivo della sua vita:  l’incontro con don Luigi Dossi (24).  Nella primavera del 1842 questo giovane coadiutore fu infatti trasferito da Usmate a Cesano Maderno, dove ormai da cinque anni Luigi si recava quotidianamente a lavorare. Don Dossi era ben conosciuto, e talvolta anche criticato,  per la grande sicurezza e il particolare carisma con i quali riusciva ad attirare a sé anche i giovani che sembravano tra i più irrecuperabili (25).  Nei pochi anni trascorsi ad Usmate fu in grado di raccogliere in una sorta di oratorio un buon gruppo di giovani dando più vitalità alla vita parrocchiale. Anche nella nuova comunità, dopo un breve periodo di ambientamento e qualche piccola difficoltà, il giovane prete riuscì gradatamente a far prevalere il suo desiderio di ‘spingere i giovani a volare alto’ (26).  Il suo era, del resto, lo stile che andava emergendo tra il giovane clero ambrosiano del tempo. Questa spiritualità esigente, ma nel contempo rasserenante, affascinò Luigi colmandolo di una gioiosa pace interiore e contribuì in modo decisivo a determinare le sue future scelte di vita. Nell’autunno del 1843, dopo averlo ben conosciuto ed apprezzato per quasi un anno e mezzo, Luigi si presentò a don Dossi perché gli facesse da padre spirituale. Accomunati entrambi dallo scopo di procurare il bene della gioventù, presto diventarono buoni amici e incominciarono ad incontrarsi spesso.  Qualche volta, soprattutto di domenica, le due compagnie di giovani si scambiavano visite o si incontravano alla ‘Montina’, una piccola collina appena fuori dal paese, trascorrendo così ore all’aria aperta a pregare e cantare in perfetta armonia con se stessi e con la natura. 
Aiutato da tutte queste esperienze, Luigi aveva sempre più chiaro nel suo cuore il sentiero da seguire e sentì che era giunto il tempo di rendere più salda la sua consacrazione a Dio. Proprio a partire dalla festa dell’Immacolata di quell’anno, cominciò così a professare, annualmente e nelle mani di don Dossi,  i voti di obbedienza e castità.  
Sulla soglia dei vent’anni, Luigi era già pronto per affrontare altre dure prove e per sopportare, purtroppo, un nuovo grande dolore.  L’11 luglio 1845, mentre come tutti i giorni stava lavorando a Cesano, fu colpito dal triste presentimento che la mamma stesse morendo. Si precipitò a casa preoccupato ma era ormai troppo tardi: mamma Teresa si era appena spenta, consumata dalla povertà e dalle sofferenze. Sebbene affranto e sconvolto da una tale incolmabile perdita, Luigi si rese subito conto che solo lui avrebbe potuto occuparsi dei fratelli minori che avevano, in quel momento più che mai, bisogno del suo aiuto e della sua guida (27).  Decise quindi di lasciare il suo lavoro a Cesano Maderno e di aprire una bottega di falegname per conto proprio. Consapevole che ora tutto sarebbe dipeso dal suo impegno e dalle sue capacità, iniziò così il lavoro di ebanista sotto casa. La sorella minore Maria Luigia, già di salute molto cagionevole, continuò ad occuparsi delle faccende domestiche mentre Antonio ed il piccolo Giuseppe Sem si dedicarono al lavoro dei campi.
Il numero dei giovani appartenenti alla Compagnia dei Frati aveva nel frattempo superato la quarantina e molti di essi si erano consacrati a Dio facendo la professione dei loro voti nelle mani di Luigi. Tra loro c’erano anche giovani appartenenti ai paesi vicini - come Varedo, Lissone, Limbiate e Desio - che erano però soliti frequentare la compagnia durante i soli giorni festivi. Tutti loro seguivano, comunque, una regola di vita personale che scandiva le loro giornate e caratterizzava le loro scelte e i loro comportamenti. Erano giovani coraggiosi e maturi che non si limitavano solo a curare la loro profonda vita spirituale ma che erano anche impegnati in un’intensa azione caritativa.  Nel tempo libero andavano per le campagne e prendevano contatto con le famiglie più bisognose per cercare d’essere loro d’aiuto. In particolare  portavano conforto e sostegno agli infermi ed alle persone che più soffrivano. Essi erano sempre pronti ad aiutare, a curare e a lavorare per chi era ammalato o non aveva mezzi per assoldare la mano d’opera. La loro totale disponibilità verso il prossimo li rese anche particolarmente graditi in famiglie ostili alla parola di Dio.
La loro forza ed il loro coraggio non poterono che diventare contagiosi. Presto anche le giovani del paese crearono un loro movimento grazie alla disponibilità della sorella minore di Luigi.  Incoraggiata infatti dall’esempio del fratello,  Maria Luigia aveva iniziato il suo apostolato raggruppando amiche e conoscenti (28) già dalla sua primissima adolescenza.  La casa dei fratelli Monti divenne così un vero centro di animazione spirituale: di pomeriggio si radunavano le ragazze e di sera la gioventù maschile di Bovisio. Il parroco, che non aveva mai visto tanta gente alla Messa della domenica, era particolarmente contento e compiaciuto davanti ad un tale ammirevole esempio.
Il comportamento della Compagnia era talmente edificante che colpiva inevitabilmente chi ne veniva a contatto non solo provocando ammirazione fra i fedeli ma anche creando un forte disagio in persone sfavorevoli a questo fermento religioso. Queste ultime non potevano infatti rimanere indifferenti davanti ad un tale esempio e si sentivano sempre più urtate dai progressi stessi dell’opera. Già nelle piccole incomprensioni che pian piano andavano crescendo con il nuovo coadiutore della parrocchia, Luigi e la sua Compagnia avevano potuto ravvisare le prime difficoltà che si sarebbero poi gradatamente trasformate in veri e propri problemi per il loro successivo operare.  Don Antonio Perelli (29) infatti,  forse per il suo carattere schivo e diffidente,  mostrò da subito un atteggiamento molto sospettoso nei confronti di questi giovani. Purtroppo le sue ostilità aumentarono quando Luigi iniziò a frequentare don Dossi, probabilmente perché egli interpretò il loro rapporto come qualcosa di lesivo verso la propria persona.  La turbolenta situazione politica del momento gli fornì un efficace pretesto per cercare di contrastare la Compagnia dei Frati: egli infatti fu tra coloro che contribuirono ad inoltrare alla polizia austriaca un lunghissimo memoriale contro Luigi, i suoi giovani e don Dossi nel marzo del 1845.  Fortunatamente la denuncia ebbe esito negativo e don Perelli si sforzò di cambiare tattica cercando di avvicinarsi e favorire la Compagnia.  Ma questo suo atteggiamento durò solo fino a quando egli non si trovò costretto a sostituire don Carlo Ciceri, gravemente infermo, nel governo della parrocchia. Poi la sua avversione verso i ‘Frati di Bovisio’ iniziò a farsi sentire di nuovo. Frattanto, l’8 dicembre 1846, essendo ormai diventato maggiorenne, Luigi aveva definitivamente pronunciato i voti perpetui di obbedienza e castità (30). Tale atto solenne fu preceduto da otto giorni di esercizi spirituali e fu compiuto, secondo il cerimoniale degli antichi ordini monastici, nelle mani del suo direttore spirituale e alla presenza dei suoi compagni (31). 


24. Don Luigi Dossi nacque a Monza nel 1815 e fu ordinato sacerdote nel 1838. Coadiutore a Usmate (1838-1842), a Cesano Maderno (1842-1850) e vicario parrocchiale a Quinto Romano (1851-1852), entrò tra Figli di Maria il 7 agosto 1852 e ne vestì l’abito dopo una settimana. Morì a Lesmo nel 1869.
Discepolo di padre Fortunato Redolfi, che fu l’ideatore ed il propagatore degli oratori in Lombardia, don Dossi ereditò da lui l’amore per i giovani.

25. Egli riusciva con pazienza ed abilità a sottrarre i giovani alle osterie, alle cattive compagnie e all’ozio cercando di incanalarli sulla retta via di una vita semplice ma corretta e basata sul rispetto umano.

26.  E. Apeciti,  op. cit., pag. 38.

27. Antonio aveva diciotto anni, Maria Luigia ne aveva quindici e Giuseppe Sem solo undici.

28. Questo gruppo di adolescenti venne presto definito “Compagnia delle Frate”.

29. Don Antonio Perelli nacque nel 1809 e fu ordinato sacerdote nel 1833. Fu coadiutore a Bovisio dal  1835 al 1850, quindi parroco a Sant’Antonino Ticino (Dairago) dove morì nel 1888.

30. Per padre Luigi Maria Monti quelli furono i veri voti perpetui : le professioni in seguito da lui fatte ebbero il significato di riaffermare e rinnovare quella consacrazione. Quando poi il giorno del suo settantesimo compleanno rinnovò, nel Santuario di Varallo i suoi voti battesimali, rinnovò anche i suoi voti perpetui emessi a Bovisio a ventun anni compiuti.  (E. Perniola, op. cit., pag. 49).

31. Nell’archivio della congregazione si conserva una dichiarazione scritta da Radice Custode e da Boga Antonio con la quale nel 1899 essi attestarono di aver assistito alla professione dei voti perpetui fatta dal Monti l’8 dicembre 1846 nelle mani di don Luigi.

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