I suoi anni a Bovisio
5.
Dopo la morte di don Carlo, avvenuta il 5 novembre 1848, don Antonio Perelli fu nominato vicario parrocchiale di Bovisio in attesa dell’arrivo di un nuovo parroco. Facendo appello alla sua autorità e alle sue nuove e gravose responsabilità, invitò subito Luigi a sciogliere
In questo clima di forte tensione che si era venuto a creare, fu così ripresentato alla polizia austriaca il memoriale già consegnato tre anni prima.
Fu certamente questo uno dei momenti più critici e confusi per Luigi. Ancora una volta il giovane decise di recarsi a Rho dove era sicuro di trovare una risposta al suo grave problema: come poteva continuare la sua opera quando l’autorità ecclesiastica del paese gliene contestava il diritto e l’autorità?
Al santuario della Madonna Addolorata non trovò padre Taglioretti, impegnato in una Missione, ma si confidò con padre Angelo Ramazzotti (33). Fu questo un altro incontro provvidenziale. Il Padre lo esortò a continuare e progredire nelle scelte intraprese, incoraggiandolo a non temere quelle minacce insidiose, sicuro che non avrebbero potuto nuocergli in alcun modo. Rianimato da tali parole, Luigi ritornò contento a Bovisio dai suoi compagni: si sentiva più che mai deciso a proseguire, con prudenza, nel suo apostolato.
In questa difficile situazione don Dossi si era invece trovato costretto a piegarsi alla volontà del suo vecchio parroco, don Giovanni Battista Legnani, impegnandosi formalmente a non riunire più il solido gruppo di giovani presso la propria abitazione. Per entrambe le compagnie di Bovisio e Cesano, ormai aumentate nel numero e nella qualità dei partecipanti, iniziò così a nascere l’esigenza di fondare un proprio istituto che desse stabilità all’opera da essi iniziata fra i giovani e gli ammalati.
Con l’entrata in Bovisio del nuovo parroco don Giovanni Caldera (34), avvenuta l’11 aprile 1849, per la Compagnia dei Frati si profilarono tuttavia giorni sempre più tristi e prove ancora più difficili.
Don Caldera, che era di uno spirito diverso dal suo predecessore, fu subito influenzato dal suo coadiutore e dai pettegolezzi dei malevoli. Dopo alcuni mesi cominciò a guardare male la Compagnia dei Frati, non sopportando tanta devozione. Era deciso a sciogliere il gruppo in qualche modo perché si sentiva infastidito dal troppo bigottismo che aveva prodotto nel popolo. Rendendosi conto di non poter però riuscire nel suo intento, pensò di denunciare formalmente i giovani alla polizia austriaca, accusando i suoi membri di appartenere ad una società segreta. Come conseguenza il commissario di Barlassina, delegato dall’autorità competente, mandò più volte dei gendarmi per far imprigionare Luigi, quale capo della società, ma ciò gli venne sempre impedito dal sindaco (35) che considerava ammirevole l’operare della Compagnia. Comunque, la pesante insinuazione che si potesse trattare di una società segreta fu la molla che, alla fine, fece scattare le autorità austriache. Nella seconda metà del luglio 1850, Luigi fu infatti citato a comparire dinanzi al pretore nella città di Desio. L’ordine di quella comparizione era stato emesso dal Tribunale Criminale di Milano il 12 di quello stesso mese. Prima di presentarsi, Luigi decise di recarsi a chiedere consiglio, in merito a come rispondere, al suo padre spirituale. Don Dossi gli disse di non preoccuparsi perché sarebbe stato il Signore a rispondere in sua vece: lui avrebbe dovuto semplicemente raccontare come si erano svolti i fatti.
Luigi fu interrogato ma il giudice, molto stupito di trovarsi di fronte ad una persona di così buoni princìpi, lo assolse da ogni accusa. Il giovane tornò rasserenato a Bovisio dove si preoccupò subito di rincuorare i compagni.
Dato che tra le accuse era comparso anche il nome di un sacerdote, dell’intera situazione ne fu informato anche l’arcivescovo, Monsignor Carlo Bartolomeo Romilli (36). Come diretta conseguenza, nel gennaio 1851 don Luigi Dossi fu allontanato da Cesano Maderno e trasferito a Quinto Romano, un piccolo borgo alla periferia orientale di Milano, dove fu nominato vicario parrocchiale.
Fu questa un’occasione preziosa per il futuro: don Dossi e Luigi si resero subito conto che quella piccola frazione sarebbe potuta diventare il luogo ideale per avviare la loro tanto progettata istituzione. In mezzo alle crescenti difficoltà, essi stavano infatti pensando in termini sempre più concreti di fondare una congregazione religiosa in cui potersi radunare con i compagni più motivati ed avviare così un’esperienza di vita comune dove poter liberamente realizzare gli ideali spirituali coltivati ormai da molti anni. Il loro scopo voleva essere quello di istruire ed educare la gioventù nella disciplina religiosa, morale e civile. Per questo motivo già da tempo avevano iniziato a raccogliere fondi attraverso quei pochi risparmi consentiti dalle loro umili condizioni.
Deciso a provare questa nuova esperienza, il 30 luglio 1851 Luigi partì da Bovisio con i suoi due inseparabili compagni Custode Radice e Pietro Caronni per raggiungere la canonica di Quinto Romano. Tutti loro nutrivano la forte speranza che, dando inizio ad una comunità specifica riconosciuta dalle strutture ecclesiali esistenti, avrebbero forse potuto in tal modo sfuggire alle incomprensioni e alle continue denunce alle quali erano costantemente soggetti.
Prima di lasciare la Compagnia dei Frati, Luigi la consegnò nelle mani del fratello minore Giuseppe (37), in quanto il fratello maggiore Antonio aveva già da due anni lasciato il paese e si era trasferito a Lesmo, come domestico del parroco Don Pasquale Amati, per contribuire al sostentamento economico della famiglia (38).
32. Il 1848 fu l’anno più agitato di tutto l’Ottocento. A febbraio scoppiò la rivoluzione in Francia e da lì si propagò per tutta l’Europa. In particolare le idee di libertà e la reazione all’assolutismo fecero sentire più vivo ed urgente ai patrioti italiani il bisogno di raggiungere l’unità e l’indipendenza della patria in quanto l’Italia era ancora un mosaico di piccoli stati sotto il dominio dello straniero. Di qui il pullulare di società segrete, quali la Carboneria e la Giovane Italia ; di qui i vari tentativi di insurrezione armata; le Cinque Giornate di Milano e la dichiarazione di guerra all’Austria da parte del Piemonte che capeggiò con esaltanti vittorie l’inizio della prima guerra d’Indipendenza. Ma poi seguirono dolorose sconfitte, l’armistizio e la disfatta di Novara che decretò il ritorno degli Austriaci.
33. Padre Angelo Ramazzotti nacque a Milano nel 1800. Nel 1823 si laureò in giurisprudenza all’Università di Pavia e dopo due anni di pratica legale si decise al sacerdozio. Quando fu ordinato prete nel 1829 si ritirò tra i missionari di Rho dove vi rimase per venti anni. A Saronno fondò l’oratorio e la casa per gli orfani. Nel 1850 Papa Pio IX lo creò vescovo di Pavia. Nel 1858 fu trasferito alla sede patriarcale di Venezia. Morì nel 1861.
34. Don Giovanni Caldera esercitò il suo ministero a Bovisio per 21 anni. Morì il 28 ottobre 1870.
35. Il sindaco di Bovisio a quei tempi era Carlo Zari il quale difese a più riprese Luigi e la Compagnia dei Frati dai ripetuti tentativi fatti dalle gendarmeria austriaca di arrestarli come sovversivi. Inoltre nel periodo in cui i giovani si trovavano in prigione a Desio, egli fece in modo di far intervenire la deputazione del paese in loro difesa (‘La Bilancia ’, n. 147, 23 ottobre 1851, Emeroteca di Brera).
36. Monsignor Carlo Bartolomeo Romilli nacque a Bergamo nel 1795. Fu creato vescovo di Cremona nel 1845 e fu arcivescovo di Milano dal 1847 al 1859.
37. Monti Giuseppe, penultimo figlio della famiglia Monti. A quel tempo aveva solo 17 anni. Morì soldato in Ungheria nel 1859.
38. Antonio Monti raggiunse don Dossi e Luigi a Brescia dove entrò a far parte dei Figli di Maria nel dicembre del 1852; raggiunse poi don Dossi a Bussolengo alla fine del 1856 e morì a Monza il 23 luglio 1888.
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