I suoi anni a Bovisio
3.
Luigi aveva da poco compiuto dodici anni quando, il 18 settembre 1837, morì il padre. Come molti altri poveri contadini del tempo Angelo morì di pellagra, una malattia dovuta alla scarsa nutrizione e basata quasi esclusivamente sulla polenta di granoturco. Il giovane si trovò pertanto sulla soglia dell’adolescenza con cinque fratelli e sorelle ancora in casa, i più piccoli dei quali, Maria Luigia e Giuseppe Sem, avevano appena sette e tre anni. Era venuto il momento di lavorare o almeno di mantenersi per non aggravare ulteriormente la situazione familiare. Come accadeva spesso ai poveri di allora, Luigi fu ‘messo a bottega’ e mandato a fare l’apprendista presso il laboratorio di un falegname di Cesano Maderno. Diventare garzone significava allora prendere come stipendio il cibo quotidiano e sperare in qualche mancia preziosa. In questa nuova realtà Luigi imparò che non bisognava arrendersi davanti a quelle che erano sicuramente delle dure prove per un ragazzino della sua età, ma che bisognava aver fiducia e fede in qualcosa di più grande.
Forte del fatto che anche Gesù aveva esercitato il suo stesso mestiere recandosi quotidianamente nella piccola bottega di Nazareth, Luigi risoluto percorreva a piedi ogni giorno i venti minuti di strada che separavano casa sua dalla falegnameria. Tornava a casa ogni sera stanco ma, per aiutare la famiglia, non smetteva di lavorare. Avendo adibito a laboratorio artigiano un piccolo locale al pian terreno della sua abitazione egli iniziò presto, infatti, a fare dei lavoretti per conto proprio. E lì, in quello stretto locale, gli amici incominciarono a venirlo a trovare di sera. Quelle serate, all’inizio momenti di pura e lieta conversazione, si trasformarono ben presto in occasioni di canti, di preghiere e di meditazione.
Pur svolgendo le sue mansioni quotidiane con grande amore e tenacia, Luigi gradatamente si rese conto che spesso il suo pensiero era rivolto altrove. Qualcosa stava maturando in lui. Il nuovo lavoro, in particolare, gli aveva dato la possibilità di conoscere tanti altri giovani e di scoprire che molti fra essi erano praticamente abbandonati a se stessi, disorientati nel cammino della vita (18) e completamente privi di ideali e del bene supremo: non conoscevano Dio! E Luigi capì che non poteva rimanere indifferente davanti ad una tale situazione: sentiva crescere in sé il bisogno sempre più forte di fare qualcosa per quella gioventù così smarrita. Cominciò ad allargare il giro delle proprie conoscenze, avvicinando a sé nuovi amici col pretesto di gite o di insegnare loro canti e giochi nuovi. Spesso li invitava a casa e talvolta li accompagnava in chiesa per una preghiera comune tenendoli così lontani da amicizie pericolose. Col trascorrere del tempo finì col persuadersi che non era nato per esercitare la professione del falegname ma che Dio lo stava chiamando a dedicarsi ad un compito ben più importante.
Il parroco di Bovisio, che già da tempo aveva compreso le doti singolari del ragazzo, lo sostenne nella maturazione di questo suo primitivo apostolato con consigli ed incoraggiamenti. Anche mamma Teresa era meravigliata ed intuiva la scelta interiore che si stava sviluppando nel figlio ormai adolescente.
In questo periodo due grandi incontri contribuirono a dare una svolta decisiva alla vita di Luigi. Il primo di essi avvenne all’inizio del 1842 in occasione delle Missioni popolari che in quell’anno erano tenute a Varedo dai Padri Oblati Missionari di Rho. Dopo il lavoro Luigi era solito recarsi di gran fretta nel paese vicino ad assistere alle profonde meditazioni spirituali di questi religiosi, affascinato dai loro modi accattivanti e dalla loro scelta di vita. Una di quelle sere, mentre assisteva estatico alla predicazione di padre Angelo Taglioretti (19), un giovane oblato, fu particolarmente colpito da una sua frase molto incisiva: ’Al gagliardo puledro, una buona briglia, ed è salvo dal precipitare; ed a voi, o giovani, che avete il sangue che vi bolle nelle vene, una buona briglia, e sarete salvi’ (20). Nell’immagine di quel puledro Luigi riconobbe se stesso e ne fu molto impressionato.
Qualche settimana dopo decise, per placare il suo turbamento, di recarsi al santuario della Madonna Addolorata di Rho alla ricerca di quel giovane predicatore missionario convinto che ‘gli avrebbe saputo indicare un metodo sicuro per farsi santo’ (21). Così il 27 febbraio 1842, accompagnato da quattro amici, partì da Bovisio a piedi e, dopo qualche ora di cammino, giunse a Rho dove, malgrado il gran numero di fedeli, si poté confessare e comunicare. Padre Taglioretti capì subito l’animo e le aspirazioni di Luigi: lo consigliò saggiamente e lo incoraggiò a proseguire sulla via che si stava accingendo a percorrere. Lo incitò inoltre ad aumentare ulteriormente il numero dei suoi compagni e seguaci. Fu un giorno memorabile nella vita di Luigi: la confessione, le parole di padre Taglioretti, la comunione sotto lo sguardo della Vergine Addolorata costituirono per il giovane dei momenti di indescrivibile esperienza mistica e di profonda gioia. E fu proprio in quel giorno che egli decise il suo avvenire: voleva essere un apostolo e dedicarsi al servizio dei fratelli più poveri e bisognosi. Ritornò a Bovisio con passo deciso, animo sicuro e completamente trasfigurato.
Da quel giorno cominciò per lui una vita nuova: a soli sedici anni e mezzo Luigi iniziò a tenere un metodo di vita regolare, a pregare di più e a proporre, in modo più energico, una vita cristiana ricca e gioiosa a chi era a lui vicino. Si venne presto a consolidare intorno al giovane un più folto gruppo di amici con i quali iniziò a condividere una vera esperienza di fede e di testimonianza. Per ragioni di maggior comodità, Luigi pensò di dar vita nella bottega della propria abitazione ad un oratorio serale dove fosse possibile riunirsi tutti i giorni a pregare, a cantare, a recitare il Rosario, a leggere e commentare la vita dei Santi22. Così, dopo aver trascorso la giornata a lavorare nelle botteghe o nei campi, di sera questi giovani iniziarono a prendersi cura anche degli interessi del proprio spirito. Il gruppo era poi solito sciogliersi verso le undici: dopo le preghiere della sera tutti ritornavano alle proprie case in perfetto silenzio. Grazie alla forza del loro esempio, il paese fu pervaso da un fremito di profonda spiritualità e il gruppo fu presto riconosciuto da tutti gli abitanti come la “Compagnia dei Frati”(23).
18. Tale smarrimento sociale affondava le proprie radici nell’avvicendamento di situazioni politiche molto diverse fra loro. Dopo la sconfitta di Napoleone, il Congresso di Vienna (18 giugno 1815) aveva restaurato in tutta Europa i vecchi regimi, ridando però al Vecchio Continente un assetto che non poteva durare. Le idee di libertà ed uguaglianza della rivoluzione francese non si potevano soffocare tornando cronologicamente indietro. La stessa Rivoluzione aveva comunque seminato tante rovine: i valori morali e religiosi erano stati bistrattati se non distrutti in nome della ragione e della sete di potere. Vi era tutto un mondo da rifare cristiano, da riportare a Dio, a cominciare dai giovani. E di ciò Luigi, sebbene di animo estremamente semplice ma altrettanto sensibile, ne era pienamente consapevole.
19. Padre Angelo Taglioretti, dei Missionari di Rho, nacque a Monza nel 1811 e morì a Rho nel 1899.
20. E. Perniola, op. cit., pag. 31.
21. E. Apeciti, op. cit., pag. 44.
22. La devozione mariana che Luigi tramise ai suoi giovani fu in parte desunta dagli scritti di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori ed in particolare dalla sua opera: ‘le Glorie di Maria’. (cfr. nota n° 6)
23.In origine il gruppo era formato da Luigi Ronchi, che a quel tempo aveva solo 11 anni, da Gaetano Corbetta, Giuseppe ed Antonio Ghianda, tutti poco più giovani di Luigi.
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